Durante la fase del lockdown anche i problemi sono andati in quarantena, nel senso che il lungo periodo di sospensione dalle attività, di isolamento sociale e di chiusura in sé stessi, ha permesso a molti di mettere in stand by anche le preoccupazioni che c’erano prima.
Infatti occuparsi della propria sopravvivenza è diventato prioritario rispetto al resto e questo ha spostato l’attenzione dai nostri problemi pregressi a quelli da risolvere nell’immediato. Adesso che l’emergenza è finita, affiorano le stesse difficoltà che ci mettevano in ansia prima, così siamo costretti di nuovo a fare i conti con la nostra vita, a domandarci se ci soddisfa a pieno oppure no, a valutare se sappiamo appagare i nostri bisogni e prenderci cura di quelli che contano veramente.
Il risultato è che in alcuni casi il lockdown, invece di offrire un’occasione per affrontare i problemi e accorgersi di cosa non va, è diventato la scusa migliore per non pensarci rimandando ancora una volta la loro soluzione a data da destinarsi, oltre che per procrastinare i progetti mai intrapresi e gli obiettivi mai realizzati.
Si può dire che è accaduto qualcosa di simile a quando si va in vacanza e andare altrove diventa una fuga momentanea dai problemi, che al rientro si ripresentano in modo più prorompente di prima, perché se non facciamo qualcosa per risolverli, tendono ad ingigantirsi e diventano più complicati, aumentando il malessere.
Pensavate di aver scelto la strada più facile, ma in realtà siete incappati in un crescendo di difficoltà.
In ogni caso non serve pensare a cosa avremmo potuto fare e non abbiamo fatto, né colpevolizzarsi per non essersene occupati, ma iniziare a farlo ora.
Accorgersi di ciò che non va e che vorremmo cambiare richiede di trasformare i pensieri in azione, di sentire che effetto fa rendersi conto per esempio che il rapporto con il proprio partner non funziona e trovare delle strategie alternative per intervenire efficacemente sulle dinamiche che vorremmo modificare.
Questo ovviamente richiede uno sforzo e un impegno notevoli, dei quali non sempre ci si vuole far carico e che si preferisce evitare ricadendo nella pigrizia convincendosi che sia meglio lasciare che ‘le cose vadano come devono andare’, cioè male.
Apparentemente molti si illudono che la soluzione migliore sia negare la realtà dei fatti e continuare ad ignorare il problema che, in questo modo, resta insoluto e diventa sempre più ingestibile.
La tendenza generalmente è quella di vedere l’esito negativo del problema, ovvero di immaginare le conseguenze catastrofiche che deriveranno dalla situazione che ci mette in ansia, fino a rendere impossibile la risoluzione.
Che bisogna fare allora? Innanzitutto dovete pensare al vostro problema come a un problema più grande che va spezzettato in problemi più piccoli, da affrontare uno alla volta. Questo vi permetterà di ridimensionarlo rendendone più agevole e fattibile la soluzione.
Se per esempio non avete il denaro sufficiente per pagare le spese, dovete innanzitutto pensare a trovare una nuova e ulteriore fonte di reddito iniziando da una piccola cosa che avete la capacità di fare e nella quale siete bravi, magari offrendo di dare il vostro aiuto a un amico che ha un’attività dandogli una mano in cambio di un piccolo compenso.
L’obiettivo da cui partire deve essere quello di fronteggiare le spese indispensabili, rimandando temporaneamente il pagamento di quelle extra. Solo più tardi potrete occuparvi di aumentare il guadagno con l’incremento di altri impieghi. Se invece cominciate a pensare che non riuscirete a coprire più nessuna spesa e che andrà sempre peggio, restate fermi senza trovare delle soluzioni alternative e l’ostacolo sembrerà più insormontabile di quel che è.
La prima domanda da porvi è: qual’è il problema?
Se per esempio continuate a discutere con il partner su chi deve assolvere le faccende di casa o chi deve seguire i figli nello svolgimento dei compiti, dovete chiedervi: quali effetti concreti comporta il fatto che mi debba assumere tutti gli impegni senza ricevere aiuto?
La seconda domanda è: quali conseguenze ha quello che succede sulla mia vita?
Nel caso specifico si tratta di individuare prima di tutto quali conseguenze comporta discuterne. Può darsi che crei rabbia e tensione e che questo vi faccia innervosire ancora di più chiedendo le cose in modo aggressivo, senza riuscire a farvi ascoltare dall’altro. Se invece dichiarate il vostro disagio, spiegando che non riuscite a portare avanti tutti gli impegni, potete chiedere aiuto all’altro e trovare un accordo sulla divisione delle mansioni, stabilendo di collaborare come foste una squadra.
La terza domanda è: mi va bene o non mi va bene continuare così?
Che svantaggio subisco se le cose continuano ad andare nello stesso modo e che vantaggio avrei se cambiassero?
Quarta domanda: di cosa ho bisogno per stare meglio, che voglio?
Quinta domanda: cosa potrei fare affinché le cose cambino?
Ultima domanda: quali obiettivi potrei pormi per risolvere il problema?
Forse di primo acchito possono sembrare passaggi banali, ma la maggior parte delle persone pensa intorno al problema senza capire quali siano le reali condizioni che gli creano disagio e invece di immaginare soluzioni, immagina gli esiti negativi che il problema continuerà a provocare in futuro, creando così un circolo vizioso.
Nell’esempio riportato, uno dei due partner potrebbe pensare che continuando a litigare si lasceranno, invece di pensare a cosa fare per smettere di discutere e trovare un accordo.
Risolvere un problema significa operare un cambiamento e per cambiare bisogna essere disposti a fare qualcosa di diverso lasciandosi plasmare dagli eventi, provando a fare cose nuove, mai fatte prima.
Bisogna agire il problema invece di rimuginare sul problema o fare finta che non esista. Qualsiasi cosa tu ‘voglia’ fare inizia a farla adesso, partendo da ciò che ‘puoi’ e sai fare senza preoccuparti di quale sarà l’esito finale. Pensa solo a fare il primo passo verso la soluzione del tuo problema. L’importante è iniziare!