All’improvviso la nostra vita non è più la stessa e quello che ci sembrava fosse normale fare come abbracciarci e stare vicini non ci è più permesso, anzi ci viene naturale prendere distanza dall’altro.
Parole come distanziamento sociale, contagio, evitamento, sono ormai divenute a noi familiari ed entrate a far parte del gergo comune, come se fosse normale andare in giro con una mascherina, che equivale a celare le nostre emozioni; non potersi stringere la mano, che corrisponde a un senso di rifiuto; oppure parlare da lontano, che toglie la libertà di potersi esprimere liberamente.
Ciò che sembra assurdo è che l’unica arma che abbiamo per combattere il virus è stare lontani, quando notoriamente sappiamo che ‘l’unione fa la forza’ e che pertanto di fronte al nemico si deve restare uniti.
Questo paradosso non è facile da gestire rispetto alle emozioni che proviamo e alle esigenze che abbiamo.
Sin dal momento in cui nasciamo la cosa principale e più immediata che il neonato ricerca è il contatto fisico con il seno materno e il distacco dal corpo della mamma gli crea angoscia, insita, secondo S. Freud, nell’atto stesso della nascita e nella rottura del legame con il cordone ombelicale.
Il contatto fisico determina il nostro benessere e senza di esso ci sentiamo isolati, persi, soli.
Pertanto la perdita del permesso ad avvicinarci liberamente a qualcuno e l’obbligo di fare attenzione a mantenere la distanza dall’altro, riporta alla luce il primordiale conflitto umano del neonato che vuole restare unito alla mamma, ma che allo stesso tempo deve restarne separato se vuole sopravvivere. Il bambino vive questo distacco dal grembo materno come una costrizione, che gli procura ansia e sofferenza, al pari di quello che percepiamo rispetto all’imposizione sociale di questo momento.
Per poter sanare questa ferita, che comunque continuerà a cercare di rimarginare per tutta la vita nelle relazioni con gli altri, il bambino dovrà accettare la distanza e viverla.
Allo stesso modo è comprensibile come per noi oggi non sia facile accettare questo nuovo modo di vivere i rapporti con i nostri cari.
Pensate a quanto sia inconsueto e inaccettabile dover vedere i genitori anziani da lontano, non potergli dare un bacio o ricevere una carezza proprio nel momento in cui sono più fragili e quando sappiamo che probabilmente non c’è ancora molto tempo per abbracciarli e avere i loro abbracci.
Tra le disposizioni che ci vengono date invece ci viene raccomandato espressamente di ‘evitare gli abbracci’. Questa è una condizione innaturale, che compromette il nostro benessere psico-fisico. Infatti diversi studi hanno dimostrato che un abbraccio della durata di 20 secondi produce un ormone che ha un effetto di rilassamento e serenità tali, da essere considerato terapeutico.
Tuttavia, esistono anche altri modi di abbracciarsi, come quello di dire ai nostri genitori o agli amici o a chi in questo momento non possiamo avvicinare fisicamente che gli vogliamo bene, ricordare loro quello che hanno fatto per noi, riconoscere loro l’importanza del ruolo che rivestono.
Vi sembrerà forse un esempio banale, ma sappiate che non viene così spontaneo dire a qualcuno che gli vogliamo bene ed è molto raro che accada, soprattutto quando diventiamo adulti.
Potete sopperire alla mancanza di un abbraccio e del contatto fisico facendo per loro dei piccoli gesti come quello di usare un’accortezza verso l’altro, dedicargli attenzione, fargli un regalo, donargli la compagnia della vostra presenza, cucinare il suo piatto preferito. Queste modalità potrebbero anche far riscoprire molte cose date per scontate fino ad ora.
Poi c’è chi invece ha difficoltà ad abbracciare o magari non abbraccia e non si lascia abbracciare mai perché, per quanto assurdo ci possa sembrare, ci sono persone alle quali questo non è stato insegnato o che non sono abituate a farlo e allora forse per loro è più semplice adottare un atteggiamento con il quale mantenersi a distanza.
Tuttavia, a volte proprio ciò che ci viene impedito di fare, diventa più allettante, quindi per queste persone potrebbe diventare importante farlo proprio ora che non è possibile.
Inoltre pensate anche ai partners che, a causa della vita lavorativa che conducono e dei contatti che sono costretti ad avere, devono tenersi a distanza anche dentro casa, pur abitando sotto lo stesso tetto. Accade molto più spesso di quanto possiate immaginare, come per esempio nel caso di medici o infermieri, o di persone che devono continuare a spostarsi per esigenze lavorative e dunque sono maggiormente esposte al contagio del virus.
C’è chi non può dare un abbraccio al proprio partner perché immunodepresso o considerato soggetto a rischio e che pertanto per evitare di esporlo alla possibilità del contagio deve evitare gli abbracci e non solo.
Oltre a considerare quanto l’abbraccio sia indispensabile come veicolo di affetto, calore ed accoglienza in una relazione, bisogna tenere conto di un’altra parte importante del contatto che viene persa con il distanziamento sociale e che riguarda l’espressione mimico facciale, senza la quale non è possibile ricevere una serie di segnali utili a comunicare in modo adeguato.
Perché la comunicazione in un rapporto sia efficace occorre poter leggere anche il feedback che l’altro ci dà in merito a quanto diciamo o esprimiamo e l’uso della mascherina insieme alla distanza fisica non ci consentono di stare in relazione con l’altro come vorremmo.
Infatti l’espressione delle emozioni e delle sensazioni che l’altro ci trasmette vengono in gran parte perse e non ci permettono di vivere a pieno il contatto con l’altro, pertanto non ci resta che sopperire anche in questo caso con l’espressione visiva e la gestualità. In questo momento gli sguardi e i segnali che sono in grado di inviarci gli occhi sono fondamentali e costringono anche chi di solito è schivo a guardare l’altro e a farsi guardare, a mettere l’attenzione sui movimenti oculari, la direzione dello sguardo, le rughe che si formano intorno agli occhi, per decifrare il messaggio di chi gli sta davanti.
È interessante notare come in mancanza di alcuni segnali, bisogna necessariamente far fede su altri indicatori, che possono diventare veicolo di affetto, sincerità e vicinanza e che altrimenti non avremmo considerato perché non siamo soliti prestarci attenzione.
Insomma ‘di necessità si fa virtù’, pertanto cercate di ritrovare nuovi elementi nella relazione e adoperarvi per esplorare nuove forme di contatto.
Non si tratta di una cosa semplice da fare, perché acquisire nuove capacità dipende dalle nostre abitudini, da ciò che ci è stato insegnato e dal nostro carattere, aspetti che affondano le radici molto in profondità nella storia personale. Pertanto bisogna mettersi in discussione, accorgersi delle proprie modalità note e diventare consapevoli di quelle meno note, cercando il più possibile di rivalutare l’importanza del contatto, per tornare ad abbracciarsi ancora più di prima o addirittura iniziare a farlo, quando ci sarà di nuovo la possibilità.