- Luglio 24, 2024
- Valentina Arci
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ToggleCos’è la depressione esistenziale
Ludwig Binswanger (1881-1966), noto filosofo della corrente fenomenologica, fu il primo a definire con questo termine una condotta di vita contraddistinta da un senso di fallimento incombente che costituisce un ostacolo alla riuscita complessiva dell’uomo.
L’intera esistenza sarebbe permeata da un’idea negativa sia del passato che del futuro, che non permette di aprirsi alla gioia e di vivere il tempo presente, al quale non si riesce più a dare senso. Tutte le speranze che potrebbero permettere di affrontare il futuro vengono escluse dalla propria prospettiva, perdendo ogni spinta alla progettualità di vita.
Giuseppe Berto chiamava questa condizione “male oscuro”, riferendosi a un senso di agonia travolgente che non gli consentiva più di fare nulla se non che stare in una sorta di limbo e che lo angosciava soprattutto per il fatto di non sapere per cosa stesse soffrendo, visto che il suo modo di sentire gli risultava alquanto anomalo. Quando si accorse di avere bisogno di aiuto entrò in psicoanalisi e comprese che la sua situazione non differiva molto da quella di un depresso, ma poté guarire dando un significato all’esperienza emotiva che stava attraversando, più che alla vita stessa.
Questa forma di depressione riflette un disagio che non è classificato come disturbo mentale quanto piuttosto come una condizione esistenziale impoverita, permeata da uno stato d’animo di tristezza più o meno costante.
La depressione esistenziale è descrivibile come la difficoltà a trovare un senso al momento di vita che si sta affrontando. Questo potrebbe dipendere da una crisi a seguito della quale si perdono i propri punti di riferimento e non si ha più motivazione ad andare avanti, come può succedere nel caso della perdita del lavoro, di una separazione o di un lutto. Pertanto, essa può insorgere in tutte quelle fasi di cambiamento che richiedono energie per adattarsi alle novità.
Per esempio, quando i figli diventano adulti e indipendenti (sindrome del nido vuoto) o si va in pensione, si può avvertire una perdita di senso e di significato di quanto realizzato fino a quel momento e rispetto agli obiettivi ancora da raggiungere.
Altri momenti di crisi esistenziale che possono comportare un ripensamento in virtù di una sensazione di fallimento e di sconfitta possono essere:
- Fine del percorso di studi
- Crisi adolescenziale e di mezza età
- Cambiamento lavorativo
- Inizio di una convivenza
- Crisi di coppia
- Diventare genitori (depressione post partum)
- Menopausa
- Morte di una persona cara
- Diagnosi di una malattia
Ognuna di queste fasi richiede un percorso terapeutico differente a seconda del momento che si sta vivendo.
Sintomi
La depressione esistenziale è dettata principalmente da una serie di considerazioni negative sulla vita che portano la persona ad abbattersi e che diventano avvilenti. I sintomi possono essere molto simili a quelli che caratterizzano la depressione, ma assumere una minore gravità a livello di intensità e durata, se trattati adeguatamente con la psicoterapia.
Inoltre, dal momento che non è diagnosticabile come condizione psicopatologica e può risultare difficile distinguerla da altri disturbi dell’umore, come per esempio il disturbo bipolare, il malessere interiore che comporta per chi ne soffre richiede necessariamente l’intervento di uno psicologo esperto, innanzitutto per escludere che si tratti di un disagio di carattere psichico.
Le sensazioni di malinconia, impotenza e incapacità di proiettarsi nel futuro che la distinguono, non derivano dagli stessi fattori scatenanti che determinano gli stati depressivi veri e propri. L’origine del malessere non è soltanto psicologica, ma anche biologica, nel senso che le cause incidenti sono per lo più variabili esterne, cioè indipendenti dai fattori genetici o dalla familiarità del disturbo, come nel caso della depressione patologica. Per questo le possibilità di guarigione sono molto elevate e richiedono meno tempo rispetto al trattamento delle forme depressive gravi.
In certi casi il quadro sintomatologico potrebbe essere assimilabile a quello tipico di un disturbo schizoide di personalità per quanto riguarda l’isolamento sociale, la mancanza della voglia di vivere a pieno la vita, la paura della morte, e l’angoscia, che però in tal caso è per lo più mascherata; o al disturbo borderline di personalità per quanto concerne la visione pessimistica della vita, il senso di vittimismo, la tendenza a colpevolizzarsi e il sentimento di forte rabbia.
Il senso di vuoto, tristezza e solitudine sono da addurre alle riflessioni legate alla messa in discussione del valore della vita piuttosto che ad eventi traumatici, conflitti o vissuti dolorosi. Tra queste troviamo in primis la riflessione sulla morte e sull’ineluttabilità della vita, nonché sui motivi per i quali accadono certi eventi, che induce a provare sentimenti di forte ansia e ad isolarsi. Chi ne soffre tende a sentirsi incompreso e diverso dagli altri, per cui non è raro che allontani le persone che non percepisce simili a sé o che non condividono le sue stesse idee, sacrificando persino i legami affettivi.
Dato che sono pochi gli studi in merito alla depressione esistenziale, è complesso definire il concetto in maniera univoca, sebbene si possa affermare con certezza che si tratta di una forma di infelicità e di insoddisfazione perenni, come se la persona non riuscisse a godere di ciò che ottiene e fosse interessata soltanto a cercare il significato di quello che fa e che gli accade nella vita, giungendo spesso alla conclusione che non ci siano molte ragioni valide per cui valga la pena affannarsi a raggiungere determinati obiettivi. Ciò non vuol dire che la persona sia impossibilitata a lavorare o a realizzare progetti, ma la sua vita è permeata da un continuo stato di sospensione tra utopia e realtà.
Ci sono poi alcune persone che, più di altre, sono caratterialmente predisposte a sviluppare la depressione esistenziale: alcuni loro tratti possono essere masochismo, pessimismo, incapacità di vedere il lato positivo delle cose, abbattimento e scoraggiamento di fronte ad esperienze di fallimento, percezione negativa della vita e degli altri, sensibilità eccezionale, percezione del senso di ingiustizia. Proprio per questo con la psicoterapia alcune modalità si possono cambiare, per trasformare la propria visione della vita e diventare maggiormente proattivi, anziché eccessivamente e inutilmente riflessivi.
Approccio terapeutico
Fase iniziale:
- Raccolta della storia di vita del paziente e valutazione dei sintomi per restituire una diagnosi differenziale rispetto alla depressione conclamata
- Individuazione delle possibili cause del malessere: comprendere in quale fase esistenziale si trova il paziente, se si è sempre sentito così o se è successo qualcosa di particolare quando ha iniziato ad avvertire l’angoscia
Fasi di intervento:
- rintracciare eventi che potrebbero aver determinato questa condizione e rivalutare insieme al paziente cosa non ha funzionato nella mancata riuscita dei suoi obiettivi e cosa potrebbe fare di diverso
- rielaborare vissuti familiari e rispettive reazioni che potrebbero aver determinato un atteggiamento passivo nei confronti della vita
- considerare la possibilità che la propria visione della vita può venire trasmessa da un genitore o da una figura di riferimento e che, per questo, non necessariamente deve essere condivisa; dunque, il paziente può modificarla e valutare il futuro in chiave diversa
- sperimentare attività che nutrono il piacere e ricercare interessi e passioni da coltivare
- lavorare sulla motivazione e sul proprio senso di autoefficacia, cioè sul riconoscimento e potenziamento del proprio valore