Quali sono le cause che generano ansia?
Situazioni che si presentano ogni volta che abbiamo paura per ciò che accadrà nel futuro. Invece di vivere il presente, ci proiettiamo con la fantasia nel momento in cui si verificherà un dato evento e immaginiamo cosa potrebbe accadere per esempio quando parleremo con la persona che ci ha fatto arrabbiare oppure la prossima volta che dovremo affrontare il capo. Questo tipo di previsioni ci gettano nell’angoscia e ci fanno restare sospesi in una sorta di limbo, bloccando il nautrale flusso del respiro come se fossimo in apnea. In questo stato di confusione, l’ansia può annebbiare qualsiasi convinzione ragionevole e positiva e non consente al cervello di sospendere i pensieri negativi. Presi dall’ansia non riusciamo più a fare nulla e questo stato di presunta immobilità crea in noi ancora più agitazione, generando la sensazione di perdere il controllo.
L’ansia può insorgere anche perché sensazioni che inconsciamente erano state rimosse si riattualizzano nel presente, come spesso accade nel ricordo di traumi o accadimenti spiacevoli non elaborati. Infatti può capitare che alcuni eventi suscitino le stesse reazioni di paura sperimentate nel passato e che riportino alla luce lo stesso stato d’ansia vissuto in condizioni simili. Così la sensazione di ansia viene richiamata alla memoria per associazione a quegli eventi che l’hanno evocata in precedenza, innescando una sorta di “condizionamento alla paura”; perciò le cause che generano l’ansia possono anche essere radicate nel profondo da più tempo e ripercuotersi nel presente. Erving Polster (1922) definiva l’ansia come uno stato di eccitamento che non può essere tollerato e dunque viene modificato e sperimentato come ansietà, come una sorta di strategia difensiva scaturita dal bisogno di reprimere sensazioni, che altrimenti sarebbero ancora più distruttive.
Ci sono persone caratterialmente predisposte più di altre all’ansietà, perché le loro decisioni sono guidate principalmente dal pensiero e il loro comportamento è orientato da una serie di congetture, ipotesi e illazioni, che le rendono quasi paranoiche. Dunque temono sempre di sbagliare e si preoccupano in maniera eccessiva delle conseguenze delle proprie scelte, per cui tendono ad essere costantemente insicure. Si tratta di personalità dominate dall’incertezza e dal dubbio, caratterizzate tipicamente dai sintomi dell’ansia.
Si ha la tendenza a reagire con ansietà agli eventi in tutte quelle fasi che richiedono di prendere decisioni importanti o nelle quali siamo soggetti a grandi cambiamenti. A volte anche l’apporto di piccole modifiche nelle abitudini quotidiane ci mette di fronte a uno stato di ansia, per il solo fatto di non sapere a cosa porteranno.
L’ansia può diventare cronica a causa di un’incapacità di affrontare gli eventi uno alla volta e di una tendenza a far sì che la paura prenda il sopravvento in ogni occasione, fino a generare attacchi di panico. Se, per giunta, il pensiero paranoico diventa una modalità di reazione abituale alle situazioni che provocano l’ansia, è molto probabile che la paura si trasformi in uno stato di allerta costante. Perciò è importante intraprendere un percorso di psicoterapia per imparare a gestire l’ansia sul momento e alleviarne l’intensità, evitando che i sintomi si accentuino.
Che cos’è l’ansia?
L’ansia è un’emozione che si presenta in molte occasioni e tutti ne conosciamo i sintomi perchè spesso siamo in balia di questa sensazione, ma il problema è che talvolta può essere insostenibile, soprattutto se si protrae nel tempo. Pertanto imparare a conoscerla e a gestirla può aiutare ad affrontarla.
L’ansia nasce da un conflitto tra sentimenti e impulsi contrastanti di piacere e di dolore.
L’ansia è stata riprodotta sperimentalmente su degli animali da laboratorio, offrendo loro proprio uno stimolo piacevole (cibo) in concomitanza con uno stimolo doloroso (scossa elettrica), che li avrebbe colpiti ogni volta che fossero riusciti a raggiungere il cibo. L’animale in tal modo diventava incapace sia di muoversi verso il cibo, che di ritirarsi e cominciava ad agitarsi violentemente sperimentando l’ansia, sviluppata dalla minaccia del dolore, presentata simultaneamente alla promessa del piacere.
Alcuni esempi: la situazione in cui un ragazzo è fortemente attratto dal desiderio di conoscere la ragazza che gli piace e al tempo stesso dalla paura di essere rifiutato e deriso. Perciò ogni volta che la incontra lo assalgono palpitazioni e tachicardia, diventa rosso e inizia a sudare, mostrandosi impacciato e imbarazzato, per effetto della paura, che lo blocca nell’agire. Altrettanto esemplificativo è il momento di attesa di una prova, qualunque essa sia (prova di un esame, risultati di indagini cliniche, risposta ad un colloquio di lavoro). Sarà capitato a chiunque di attendere un risultato ed essere combattuti tra la paura che l’esito sia negativo e la speranza di ottenere soddisfazione dalla riuscita. In ogni caso l’ansia deriva sempre da una condizione di attesa, ovvero da una preoccupazione riguardo alle conseguenze di ciò che potrebbe accadere prima che queste si verifichino, alimentando pensieri negativi.
Entriamo in ansia tutte le volte che una circostanza determina apprensione per le previsioni future e proviamo uno stato di agitazione eccessivo per ciò che temiamo.
Dunque l’ansia è una forma di paura, una reazione nautrale di fronte alla minaccia di vivere un evento spicevole, che tuttavia di solito ci consente di affrontare anche le situazioni potenzialmente rischiose. Talvolta però una sensazione iniziale di timore, se protratta, può tramutarsi in una paura di intensità sproporzionata all’evento e può bloccarci generando l’angoscia. Quando l’entità della paura è tale da dare l’impressione di esserne travolti, diventa panico, ove l’unico impulso è quello di scappare e la sensazione fisiologica di base che l’accompagna è il blocco del respiro. Nel panico l’aria viene trattenuta, la gola si chiude e il petto si irrigidisce, bloccando la fase di inspirazione, per cui la persona non riesce a respirare e questo a sua volta aumenta il panico. Nell’ansia invece, il respiro accelera in modo da risucchiare più ossigeno per prepararci alla fuga. Infatti l’ansia si manifesta innanzitutto con l’affanno e la tachicardia, causati da un ridotto apporto di ossigeno conseguente ad uno stato di eccitazione eccessivo, e viene generata dall’organismo al fine di ristabilire una respirazione normale. Dunque una delle prime strategie da adottare quando si è in un forte stato di ansia è respirare. Tuttavia, se non si è riusciti a gestire l’ansia in maniera adeguata e dunque a placarla, può sopraggiungere una sensazione di terrore, che equivale a un vero e proprio stato di shock, per cui la perdita del tono muscolare e la quasi totale incapacità di inspirare, rendono la persona inerme, fino a poter provocare lo svenimento.
Di qui l’esigenza di imparare ad ascoltare l’ansia e cercare di accoglierla sul momento, piuttosto che negarla e tentare di sopprimerla, dato che il più delle volte, cercando di eliminarla, otterrete esattamente l’effetto opposto.
Meccanismi mentali che generano ansia
La maggior parte delle paure e dei pensieri che generano i sintomi dell’ansia sono dovuti a una grande varietà di preoccupazioni ingiustificate, che se ingigantite dall’angoscia sfociano in fobie e ossessioni.
Faccaimo un esempio: immaginate di trovarvi a casa da soli di notte e di avvertire un rumore insolito provenire da una parte indefinita della vostra casa. Ciò che accade è che il cervello riceve il suono e lo registra come un segnale di pericolo per mettervi in guardia. Mentre cercate di riconoscerlo e di comprenderne la fonte, la mente attiva un pensiero intorno ad esso e se la conclusione cui giungete è sufficientemente rassicurante, l’allarme generale non si innalza a un livello più alto e vi rasserenate.
Ma se siete ancora incerti, un circuito cerebrale deputato all’attività cognitiva accresce ulteriormente l’incertezza e fissa la vostra attenzione sulla volontà di capire cosa sia successo con sempre maggior preoccupazione e ansia. Se poi da questa ulteriore analisi non si ricava una risposta soddisfacente, l’amigdala (una sorta di sentinella psicologica del nostro cervello), fa scattare un altro allarme che attiva uno stato di apprensione e ansia subliminali, finché l’ansia rimasta ancora inconscia penetra nella coscienza e fa avvertire la paura o perfino il panico.
Così entra in azione anche la dopamina, che induce a concentrare l’attenzione sulla paura e a reagire, con la conseguenza che le rappresentazioni mentali di esperienze negative pregresse (conoscenze e ricordi) riemergono alla coscienza e creano una spirale infinita di pensieri negativi.
Pensieri negativi che preannunciano eventi catastrofici
Quando siete focalizzati esclusivamente sulla paura siete in preda ai sintomi dell’ansia, che contribuite ad alimentare con rimuginazioni prive di senso. Infatti le previsioni che fate a seguito dell’ansia sono preoccupazioni che diventano croniche e ripetitive e che spesso comprendono pensieri catastrofici e paranoie.
Questi pensieri negativi sul futuro assumono la forma di un racconto narrato a sé stessi di tipo paranoico.
Un esempio di quello che ci diciamo per trasformare un pensiero in paranoia:
“Oh no, la marmitta fa un rumore che non mi piace. E se dovessi portarla dal meccanico? E se il meccanico mi dicesse che non è più riparabile e dovessi comprare un’auto nuova? Accidenti, non posso permettermelo.
Dovrei prendere i soldi dai risparmi per la salute. E se poi domani improvvisamente mi ammalassi e ne avessi bisogno? D’altra parte non possorestare senza auto. Come faccio poi ad andare a lavorare e accompagnare i bambini a scuola? E se si ammalassero pure loro?”.
Così finiamo per credere alle conseguenze ipotizzate, convincendoci a tal punto da considerarle come già accadute.
Come l’ansia può causare fobie, ossessioni e attacchi di panico
Il processo con il quale si strutturano spontaneamente i pensieri catastrofici sembra essere innescato dall’amigdala, che interviene anche nell’origine dell’ansia. Essa infatti ha proprio la funzione di mantenere l’organismo in uno stato di vigilanza e dunque i pensieri, per loro stessa natura, una volta comparsi nella mente, vi persistono in maniera incontrollata, dievntando delle ossessioni. Così si finisce per preoccuparsi per moltissime cose, la maggior parte delle quali non ha di fatto alcuna probablità di verificarsi, eppure i pensieri negativi si autoperpetuano come in un circolo vizioso e tendono a sviluppare una vera e propria dipendenza mentale. Ciò accade perché fare congetture dà l’impressione di placare l’ansia come un amuleto che scongiuri il presagio del male, per cui si crede che esse abbiano il merito di allontanare il pericolo oggetto dell’ossessione.
L’ansia è alimentata dall’anticipazione di conseguenze future
I pensieri negativi precipitano in un meccanismo nel quale una preoccupazione genera la successiva senza tregua, sfumando in un vero e proprio “sequestro emozionale”. Finchè la preoccupazione ha un ruolo positivo, nel senso che si impiega un tipo di riflessione costruttiva, atta a risolvere il problema, va bene; ma quando diventa un alibi per ripercorrere mentalmente gli eventi fissando l’attenzione sulla minaccia contingente e anticipandola prima che si presenti, costringe il cervello emozionale a escogitare un modo per controllare l’ansia, ignorando temporaneamente qualunque altra cosa. Anche a livello neurologico, sembra esserci una certa rigidità corticale, un deficit nella capacità del cervello emotivo di rispondere con flessibilità al mutare delle circostanze, senza mai risolvere il problema.
Quando questo ciclo di pensieri si intensifica, sfocia nei sintomi tipici dei disturbi ansiosi e assume una connotazione distinta per cui:
- nelle fobie l’ansia si fissa sulla situazione oggetto della paura, come per esempio nel caso delle fobie per i ragni o della paura di volare;
- nel disturbo ossessivo l’attenzione si fissa sulla necessità di evitare una qualche calamità temuta, come per esempio quando si attuano gesti ripetitivi e ossessivi per la paura di infettarsi o di prendere qualche malattia;
- negli attacchi di panico il pensiero si concentra sulla paura di morire o sulla stessa prospettiva di entrare nel panico e di caderne vittima.
5 strategie per gestire l’ansia
1. Quando si avverte l’ansia e la si sente aumentare, è opportuno provare ad ascoltare quello che sta succedendo sul momento a livello corporeo e innanzitutto concentrarsi sul respiro, che di sicuro sarà molto corto e accompagnato da un battito cardiaco accelerato. Dunque quello che bisogna fare è provare ad ampliare il respiro gradualmente prendendo più aria, ma senza esagerare, fino a sentire che l’ossigeno inspirato sia sufficientemente adeguato. Questa tecnica è alla base di ogni tipo di meditazione che, appresa in maniera sistematica, può essere di grande aiuto.
2. Quando ci si accorge che i pensieri riguardo a quello che si reputa ansiogeno insorgono quasi in maniera automatica, bisogna cercare di isolare le convinzioni negative e percepire i sintomi che inducono l’ansia, identificando le cause di ciò che l’ha generata.
3. Il passo successivo è quello di assumere un atteggiamento critico verso gli assunti dei pensieri ossessivi chiedendosi: è molto probabile che l’evento temuto si verifichi? È necessariamente vero che esiste solo una o nessuna alternativa affinchè esso accada? Si possono prendere delle misure efficaci al riguardo? A cosa serve indugiare all’infinito nei medesimi pensieri ansiosi?Nella psicoterapia si cerca di smontare questi assunti portando il paziente ad immaginare concretamente la situazione temuta e a decidere cosa fare nell’eventualità che accada, finchè si rende conto che tale ipotesi non è verosimilmente realizzabile.
4. Una volta identificato l’oggetto dell’ansia, ovvero quello che fa paura, è necessario iniziare a valutare ciò di cui si sente realmente il bisogno in quel momento, per cui se per esempio si sta per affrontare un esame o un discorso molto importanti di cui si temono le conseguenze, è bene chiedersi: cosa voglio in questo momento? Quale bisogno si nasconde dietro la mia paura? Di cosa ho veramente paura? Cosa posso fare per affrontare la situzione minacciosa? Qual’è il pericolo?
5. A questo punto, sarà possibile allontanarvi momentaneamente dalla fonte di stress per prendere tempo e tornare a riflettere più lucidamente con più calma e serenità. Provate a sperimentare questi 5 passi e vedrete che la tachicardia sarà già diminuita, i pensieri saranno meno pressanti e ossessivi e potrete sentire un po’ di sollievo.
Il mio approccio con i pazienti
Quando ti accorgi che i sintomi ansiosi vengono incrementati da situazioni che di per sè non dovrebbero generare uno stato di agitazione così inabilitante, intervieni per tempo e chiedi un consulto a uno psicoterapeuta.
- emotivo, attraverso il quale la persona apprende a restare in contatto con l’ansia e sopportarla per trasformarla in una sensazione più confortante;
- cognitivo, nel senso di smontare i pensieri negativi facendo immaginare gli esiti di ciò che viene temuto e le possibili soluzioni. Generalmente questa pratica restituisce sollievo già nell’immediato, seppure occorre ripeterla nel corso delle sedute per affrontare le preoccupazioni associate alle situazioni che si presentano di volta in volta nel quotidiano del paziente.
- corporeo, con il quale pervenire a uno stato fisiologico di calma e di quiete con l’ausilio di vere e proprie tecniche di meditazione e rilassamento, da ripetere anche per conto proprio nelle situazioni che lo richiedono.
Contattami se sei interessato/a a sedute di terapia per attacchi di ansia e panico a Roma.
Ricorda:
- Ogni volta che siamo in ansia dovremmo innanzitutto respirare e concentrarci sul momento presente;
- Ci sono delle strategie per gestire l’ansia sul momento in cui se ne presentano i sintomi;
- I sinotmi dell’ansia possono diventare cronici e sfociare in disturbi più gravi. Quando diventano insostenibili bisogna chiedere aiuto a uno psicoterapeuta.